LE CRISI APRONO L'INTELLIGENZA DEL CUORE

Publié le par Mstclair

CRISI.jpg

                                                                             DALLA CRISI

 

DEL BUON IMPIEGO delle CRISI


Ho guadagnato la certezza che le catastrofi sono là per evitarci il peggiore. Ed il peggiore, come potrei esprimere ciò che è il peggiore? Il peggiore, è veramente di avere attraversato la vita senza naufragi, di essere rimasto alla superficie delle cose, di avere sguazzato  in questa palude del “si dice”, delle apparenze, di non essere stato mai precipitato in un'altra dimensione. Le crisi, nella società in cui viviamo, sono realmente ciò che si è ancora trovato di meglio, in mancanza di maestri, quando non sono a portata di mano, per entrare nell'altra dimensione. Nella nostra società, tutta l'ambizione, tutta la concentrazione serve a deviarci, deviare la nostra attenzione di tutto ciò che è importante. Un sistema di fili spinati, di divieti per non avere accesso alla nostra profondità.


È una cospirazione immensa, la cospirazione più gigantesca di una civilizzazione contro l’Anima, contro lo Spirito. In una società in cui tutto è sbarrato, dove i cammini non sono indicati per entrare nella profondità, c'è soltanto la crisi per poter rompere queste pareti attorno a noi. La crisi, che funge in un certo qual modo da ariete per sfondare le porte di queste fortezze dove ci teniamo murati, con tutto l'arsenale della nostra personalità, tutto ciò che crediamo di essere.
Recentemente su un'autostrada periferica di Berlino dove c’è sempre un traffico terribile, un graffitista geniale aveva scritto su un ponte la formula seguente:     

                “Disingannati, non sei preso in trappola, la trappola sei tu!„.
Tutti siamo specializzati nello schivare, nel deviare, nel raggirare,nel “divertimento”così come l'intendeva Blaise Pascal. C'è in fin dei conti soltanto questa possibilità, di dirsi: “Sì ,ma tutto questo, tutto quel che mi lega, tutto quel che mi strangola, ma sono io!„.


    Sarebbe un errore di credere che la crisi sia qualcosa di normale, di inerente alla natura umana. Ci sono numerose società, tutte le società tradizionali, che hanno un tutt’altro modo di agire. Un amico antropologo mi ha riportato queste parole di un Africano che gli diceva: “Ma no Signore, non abbiamo crisi, abbiamo le iniziazioni„. E le iniziazioni sono la ritualizzazione di questi passaggi, cioè questa possibilità per l'uomo di passare da uno stato di essere naturale, primario, a questo universo allargato, dove l'altra faccia delle cose è rivelata. E risulta che tutte queste iniziazioni, nella loro diversità incredibile ed inventività – a volte dei riti di una crudeltà che ci sembra intollerabile - hanno tutte lo stesso scopo: mettere l'iniziato in contatto con la morte, farlo morire; il vecchio principio “muori e diventa„. che siano i riti degli indigeni australiani che seppelliscono i neofiti durante tre giorni sotto foglie marcie, o le prove alle quali sono sottoposti i giovani Indiani; non c'è un rito tuttavia che sia così crudele come l'assenza di rito. E la vita non ha altre scelte che di precipitarci in seguito in un'iniziazione, questa volta selvaggia, che è fatta neppure nella cornice di quelli che ci amano, o che ci guidano, di shamani, o di sacerdoti o di iniziati, ma nella pura ed incomprensibile solitudine di un destino.


    Queste catastrofi sono là soltanto per evitare il peggiore! Può realmente sembrare molto cinico parlare così. Ho conosciuto questo periodo in cui, quando si sente una cosa simile, e che si è sé-stesso immerso in un disperazione molto profonda, queste opinioni sembrano di un cinismo insopportabile. E tuttavia quando abbiamo cominciato a percepire che la vita è un pellegrinaggio, quando ad una tappa di questo pellegrinaggio ci si guarda indietro, ci si accorge realmente che le donne, gli uomini che ci hanno fatto soffrire di
più su questa terra, sono i nostri maestri veri, e che le sofferenze, le disperazioni, le malattie, i lutti, sono stato realmente le nostre sorelle ed i nostri fratelli sul cammino. So che ciò può avere una colorazione insopportabile quando si è in una fase di disperazione, ma è così  favoloso quando ci fermiamo per strada, quando  guardiamo indietro, e che ci si dice: “ma sì, è vero!„.

 

  Come si svolge la crisi? Si potrebbe utilizzare questa parola: rovesciamento, inversione. Cosa avviene nella crisi ? Avviene quasi che una voce si rivolge a voi, e vi dice: “Hai costruito una vita, sì bravo, ebbene distruggila; hai costruito una personalità, benissimo, bravo,ormai distruggila; ti sei battuto, sei stato coraggioso, di un coraggio straordinario, ma l'ora della resa è venuta, inginocchiati!„. O anche, come per Abrahamo: “Hai messo un figlio al mondo, bravo, rendimelo!„. Tutti questi momenti dell'intollerabile, dell'inaccettabile, che nell'ordine delle cose vissute, nell'ordine dell'immediato sono lo scandalo assoluto! "Rendetemi ciò che vi ho dato!"

Per me la storia più straordinaria che le simbolizza tutte è quella di Giobe. Adoro questa storia di Giobe, ci ritorno sempre. Giobe è stato realmente il servo di Dio, l'uomo di tutti i successi. Una vita compiuta, circondata di ricchezza, di greggi di buoi, sue mogli, i suoi figli, i suoi servi, una ricchezza che Dio benedisce. Questo stesso uomo, Giobe maledetto, Giobe  sul suo mucchio di rifiuti che raschia le sue ulcere, Giobe che non molla mai, che dice: “Mio Dio,Ti chiamerò, fino a che Tu mi spieghi la ragione che mi farebbe accettare l'inaccettabile, aspetto da Te una risposta che mi convinca „. E quest'interrogazione che lo spinge durante giorni e settimane e mesi, a non mollare e questa frase che è per me una delle frasi più struggenti: “Perché Tu, non Puoi dare ragione all'uomo contro Te-stesso?„.


Fino a quando Giobe richiede a Dio di apparire dinanzi a lui, e spiegargli l'inspiegabile, di dirgli la ragione di tutto quest'orrore, di tutta questa disperazione, di tutto questo disastro di un'esistenza: “Vieni! Vieni, ho soltanto la pelle sulle ossa” gli dice, “vieni, parlami” Dio non viene, Dio non parla. Arrivano tutti gli amici, i terapeuti, che lui spiegano: “Ascolta, sono persuaso che hai fatto un errore, ascolta, ragiona, ricordati!„ Ma Giobe non li ascolta, e nel frastuono delle voci continua “Rispondimi, rispondimi” E quando l'amico Elihu gli ha detto: “Ma No, vedrai, Dio non risponde” In quel momento, Dio risponde, contro qualsiasi attesa Dio risponde. Ma Dio risponde accanto alla domanda. Dio non evoca una sola volta tutta la vita di Giobe distrutta, tutte le sue speranze frantumate, la sua famiglia, tutti coloro che ha amato, Dio parla del cielo e della terra, degli uccelli e degli alberi, Dio parla del mare, dell'oceano e delle spiagge. Dio risponde parlando d’altro. Ed ecco che avviene l'inatteso. Giobe, lungi dall'essere scandalizzato da questa risposta, che non è una nell'ordine della logica, vede improvvisamente tutto da un altro punto di vista. L'intera creazione, da un altro angolo, da un angolo dove tutto il dramma di un essere non fa neppure increspare la superficie del Creato. Un luogo dell'universo allargato, e Giobe dice: “Dio mio Ti conoscevo soltanto per diceria, ma ora Ti ho visto„. E Giobe è un altro uomo. Ed da questo momento con un'ironia divina, tutto gli è restituito poiché non ha più bisogno di nulla.

 

   È in referenza a questa storia di Giobe, che ho, da parte mia, incontrato il lavoro di Dürckheim. In una crisi realmente molto profonda, improvvisamente, da un giorno all'altro l'universo che mi ero costruito fu distrutto. E la traversata, per due, tre anni, della solitudine ,dell'abbandono, in un paese straniero, in un villaggio al termine del mondo, e l’incontro col lavoro di Dürckheim e di una donna notevole, che lavorava con la voce. Mentre attendevo da lei che mi desse la forza di fare i miei bagagli e partire ,mi ha detto: “Tu resti là, seduta in mezzo al disastro, là”. Tutto il lavoro che ho fatto successivamente con il corpo, con la presenza al mondo, alle cose, questa lezione, non soltanto di accettare l'inaccettabile, ma di entrarvi, di stabilire la mia dimora, di entrare nel disastro, dentro, e restarci, restarci! Non fuggire, ma osare restare, nel posto dove sono interpellata, in questo posto dove cadono tutte le maschere, dove tutto ciò che non avrei mai potuto credere risulta essere in me, tutti i demoni, tutte le ombre. Le parole scoppiano e tutti i demoni infrangono nella vita, la gelosia, il desiderio d'omicidio, l'autodistruzione. E resto là, ed osservo.
Questa terza via è  probabilmente la salvezza per la nostra epoca così torturata. Mi spiego: conosciamo nel nostro Occidente due vie quando siamo in uno stato di soffocamento, di strangolamento; una è la liberazione, è gridare, è esprimere ciò che era fino allora rinchiuso. Ci sono numerose forme di terapie su questo modello ed è probabilmente, nel suo luogo e mette, qualcosa di molto prezioso, per fare straripare il troppo  pieno.
Ma in fondo, tutta l'industria audiovisiva, cinematografica, è fondata su questa liberazione, questa specie di scoppio di tutto l'orrore, di tutta la disperazione soffocata, che in fatti la prolunga e la moltiplica all'infinito.


   L'altra risposta, è l’interiorizzazione: inghiottire serpi, e diventare lentamente questo nido di serpenti su due gambe, con tutto ciò che queste vipere e serpi inghiottite hanno come effetto distruttivo sul corpo e l’anima.

      Ed il terzo modello che ci viene dall’ Estremo Oriente e che incarnava Dürckheim: sedersi in mezzo al disastro, e diventare testimone, svegliare in sé quest'alleato che non è diverso dal nocciolo divino in noi. Ho incontrato una donna; ed è una bella storia che mi ha raccontato, che esprime tutto questo alla perfezione. Mi diceva della perdita del suo unico bambino, di essere stato devastata di lacrime e di disperazione, ed un giorno, si è messa dinanzi ad uno specchio ed ha osservato questo viso bruciato di lacrime, ed ha detto:  “Ecco il viso devastato di una donna che ha perso suo figlio unico “, ed a questo momento, in questa fenditura, in questo secondo di non identificazione, in cui un essere esce da un millimetro dal suo disastro e lo osserva, è scivolata la Grazia. In un momento, in una specie di gioia indescrivibile, ha saputo: “Ma non siamo divisi„, e con questa certezza, lo straripamento di una gioia indescrivibile che esprimeva ancora il suo viso. Era una donna raggiante di questa totalità e di questa presenza che genera la traversata del disastro.

Esiste, sembra, in un maelström, un punto dove nulla si muove. Tenersi là! O anche, per prendere un'altra immagine: nella ruota di un carro impazzito, c'è un punto del mozzo che non si muove. Questo punto, trovare questo punto. E così un solo momento, ho trovato questo punto, la mia vita oscilla, perché la prospettiva è improvvisamente quella di Giobe, questa prospettiva allargata, della grande vita dietro la piccola vita, il crollo dei paraventi, il crollo delle rappresentazioni, un momento, vedere questa prospettiva immensa.

meditation.jpg                                                          ALLA PACE

 

Christiane Singer

Estratto di una conferenza pronunciata il 15 giugno 1991 a Mirmande in occasione del decimo anniversario del centro Dürckheim. Edizione Terre del cielo 1994.

 

Publié dans La Via e l'Iniziazione

Pour être informé des derniers articles, inscrivez vous :
Commenter cet article