LA PRATICA DEL SILENZIO

Publié le par Mstclair

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                                                                                         (foto D:Ratier)

 

                                                      "Or dubbi tu , e dubitando sili"  (Dante)

 

Il silenzio è un padrone esigente.
Se il mondo dei suoni contiene il nutrimento intellettuale del nostro spirito, il mondo del silenzio è il luogo del mistero del sopraconscio, dell'incomprensibile. Ogni Essere possiede la sua lingua. Si inizia a capire oggi che gli animali si parlano e ci parlano. Ma la lingua delle piante, delle pietre e degli oggetti sebbene impercettibile per noi, esiste realmente. Le loro forme, le loro qualità fisiche, i loro colori, la loro luminosità , il profumo del fiore, il gusto di un frutto, il gesto di un gambo, la silouette di un albero o di una collina, esprimono bene le loro proprietà dinamiche: sono firme per l’Ermetista.
Ci si chiede cosa si dicono le creature; ma alcuni saggi cercano piuttosto di conoscere ciò che tacciono; e si comprende perché i maestri della vita spirituale stimano tanto il silenzio. Il settore della parola è dunque molto stretto e quello del silenzio molto vasto. Tutto parla nell'universo per periodi; e per periodi anche tutto ascolta. Conformiamoci alla legge di natura: ascoltiamo molto, parliamo poco. Tutti rendono un culto alla parola; ma il silenzio è un Dio trascurato.
I grandi dolori sono muti, si dice, le grandi gioie anche. Tutto quel che è realmente grande parla poco; nel mondo profano le reputazioni sorgono e vivono nel rumore: ma la gloria sorge nel silenzio. Il silenzio interiore si chiama Attenzione. E quest'attenzione è sempre un atto affettivo. A sua volta l'amore vero, l'amore supremo, l'amore eterno, trova per esprimersi soltanto il silenzio.
il silenzio non è dunque soltanto il non discorso; è un'entità positiva, un genio , un reame  invisibile, reale, popolato; possiede come qualsiasi essere due guide: un angelo di luce ed un angelo di oscurità.
 Ma per essere nel silenzio, occorre innanzitutto tacere
 
                                      Come apprendere a tacere?
 
È così naturale fare rumore e così difficile dominarsi nelle cose mediocri.
L'apprendistato del silenzio suppone un controllo della parola. Come stabilirlo? La molteplicità dei nostri discorsi prova la nostra debolezza: l'uomo forte è quello che concentra su un solo scopo tutte le sue energie. Dovremmo parlare soltanto per essere utili; meglio ancora, dovremmo prima di parlare, chiedere l'aiuto divino; A causa della debolezza della nostra volontà, dell'infermità del nostro intelletto, della tirannia dei nostri sensi, occorre innanzitutto apprendere a tacere, esternamente, perché il silenzio interiore allievi la confusione mentale, perché la nozione della presenza divina diventi sensibile in noi.


Astenersi da parole inutili,
Astenersi da parole cattive,
Astenersi di giudicare ,

Astenersi d'interrompere, 

Astenersi di difendersi ,
Astenersi da indiscrezioni,
Astenersi da sogni prolungati.
                                                    Ecco le lezioni passive della scuola del silenzio.


Le lezioni attive, costituiscono una parte del lavoro interiore in noi, nessuno  può insegnarceli.
  Se si riflette alle conseguenze lontane di una parola che ci sfugge, ci si persuade rapidamente dell'utilità frequente del silenzio. Se si prende la parola, che sia con tutta la cura e tutto il talento di cui si è capace. Se si conserva il silenzio, deve essere completo.
Quel che si è deciso di tacere deve essere taciuto dalla bocca, dal cuore e dallo spirito. il contadino, che, conosce il prezzo della parola dice precisamente: Le pareti hanno orecchi e: La foresta ha orecchi ed il campo degli occhi„.
Se occorre prendere la parola quando si attacca dinanzi a noi qualcuno che non può difendersi, occorre tacere quando è noi stessi che si calunniato o che si insulta. L'opinione ha valori soltanto per  chi ricerca la gloria. Una parola può raggiungere la reputazione, la fortuna, il cuore, l'intelligenza, la vita; è impotente contro la nostra anima. Si è ferito soltanto perché si è vulnerabile.
 
Quando occorre tacere? Tutte le volte che la nostra conversazione è inutile; tutte le volte che non aiuta gli altri, che non ridà loro coraggio. Dovremmo usare la parola soltanto per due ragioni: per chiedere a Dio la Luce, internamente; per dare all’ altro la forza ricevuta da  fuori.
Non è meglio tenere sempre la bocca chiusa che  averla incessantemente aperta; ed è questa bilancia costantemente uguale che ne fa la grande difficoltà. In riassunto il misantropo silenzioso dovrebbe piuttosto disfarsi del suo mutismo; e l'uomo troppo socievole astenersi da riunioni mondane.


Quale è la causa profonda di questo prurito di chiacchiere? È per aiutarci l'un l'altro, per distrarci, per istruirci, che moltiplichiamo le parole? A volte, è per fare soffrire altro; ma soprattutto, è per noi stessi, è per stordirci. Se c'è una creatura al mondo che l'uomo teme, è, suo Io vero, la sua coscienza. Perché sa bene che se l’ascoltasse, sarebbe rimproveri che sentirebbe, sarebbe una voce austera ed alta e piena d'autorità. E, per timore di queste rimostranze implacabili, ci giochiamo a noi stessi una commedia che sarebbe comica se non fosse pietosa. Ecco come la solitudine è l'abitacolo dei forti. Ma la pratica del silenzio non deve neppure essere considerata come un mezzo per proteggersi dagli altri, per proteggere la sua vita personale ed evitare conflitti, altrimenti il silenzio diventa mutismo, isolamento. Allora in fin dei conti tacere, piuttosto che dire del  male, significa amare; Ascoltare, è amare.
Basterebbe sul nostro lavoro, un minuto di silenzio all'ora per riprendersi: che ci si getta a corpi ed a cuore persi nella luce eterna; questa sospensione rapida di tutte le voci che parlano in noi  riposa e ridà forze, ogni specie di forze. Una pratica semplice che possiede un'efficacia meravigliosa.


Il silenzio non implica la malinconia. Attenzione alla tristezza: indebolisce, abbatte, sterilizza. Sant’Antonio nominava la tristezza l'ottavo peccato capitale. La regola benedittina ordina la gioia: per il monaco, il silenzio è una barriera contro ogni specie di vertigini. Tutti gli ordini contemplativi ordinano il silenzio molte ore al giorno, quando non lo decretano perpetuo, come precedentemente i Cistercensi.
 
I significati dei verbi latini silere e tacere sono interessanti ed illustrano bene ciò che precede. Tacere designa l’arresto o l'assenza della parola in una situazione data, mentre silere ha un senso più profondo e più generale di pace, d'assenza di movimento e di rumore. In tedesco ritroviamo la radice in Still, che significa tranquillo.
Il silenzio purifica. Far tacere i pensieri, estinguere gli eccessi della nostra immaginazione, i richiami dei nostri desideri, tutto ciò crea in noi un cuore puro, ci rende disponibile agli altri. È un riposo, una messa in ordine, un recupero. Il silenzio termina l'atto e lo prepara. Agire è seminare; tacere è lasciare al seme il compito di crescere da sola, fino al momento in cui occorrerà raccogliere. La grande voce della natura, il Tuono, si fa sentire soltanto dopo una seconda di pausa nella tempesta. Il Verbo scende in noi soltanto nel silenzio dei nostri perturbatori abituali.


     L'essenziale, non è tacere, ma sapere tacere a tempo debito, affinché soltanto la parola, come il silenzio, sia carità. Il buon impiego del silenzio e della parola ha per scopo soltanto il bene comune e la pace del cuore. Il silenzio permette agli altri di esistere, è rispetto della vita interiore degli altri, segno di comunione fraterna. Non

è dunque separazione, indifferenza bensì piuttosto rispetto e comunione profonda, fonte di carità, umiltà, semplicità di cuore. 
 
            PARLIAMO POCO ED AVREMO IL TEMPO DI AGIRE MOLTO.
 
Fonte (Sedir, conferenza)

Publié dans La Via e l'Iniziazione

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